Fra tutti i teatri di guerra del secondo conflitto mondiale in cui il soldato italiano lasciò, in terra straniera, il segno del suo valore, solo due luoghi sono restituiti, ancora oggi, al ricordo con continuità e con partecipazione: uno è El Alamein, in terra egiziana; l’altro è Poloj, nel cuore della Croazia.
Il primo noto a tutti e luogo di memorie e di rispetto condiviso da tutte le Armi, il secondo dimenticato da tutti fuorché dai cavalieri che in quel nome trovano, o dovrebbero trovare, il suggello della storia trisecolare della loro Arma.
Se è vero che El Alamein merita più di una pagina di storia per le conseguenze che solo una grande e decisiva battaglia conserva nel tempo, a Poloj va il riconoscimento di altare per le glorie della Cavalleria italiana dal momento che in una giornata d’ottobre del 1942, in quel luogo dimenticato, un intero reggimento, il 14° “Cavalleggeri di Alessandria”, caricò al completo di uomini e cavalli per rompere l’accerchiamento di agguerriti reparti di partigiani titini. E ci riuscì, pur con sensibili perdite.
Per lungo tempo quell’angolo di Croazia sparì da ogni memoria senza che ci si accorgesse che, non solo a Poloj si era esercitato l’ultimo atto solenne e fatale dell’essenza dell’Arma montata, la carica, ma che, storicamente, è una delle rare volte, se non l’unica, dal Risorgimento in poi che la Cavalleria si impegnò in battaglia con un reggimento completo nella sua intera organicità e con il suo stendardo in testa agli squadroni.
In tutte le altre vicende in cui la Cavalleria italiana fu chiamata in causa la partecipazione in combattimento si manifestò, quasi sempre, a livello di uno o più squadroni o al più in contributi di formazione di reggimenti diversi.
Ecco allora i primati di gloria di Poloj: l’ultima carica nella storia della Cavalleria italiana e la più evidente in cui un intero e unico reggimento organico si lanciò nello scontro bellico con tutti i propri reparti a cavallo.
A far data dal sessantesimo anniversario del combattimento di Poloj la sezione triestina dell’ANAC si è impegnata, grazie al fattivo interessamento del suo presidente magg. Alipio Mugnaioni, a recare testimonianza con annuali visite sul luogo di quel drammatico evento di guerra.
Gradualmente i viaggi a Poloj si sono trasformati in veri e propri pellegrinaggi: Il punto di riferimento topografico in cui radunarsi per rendere doveroso omaggio ai Caduti è stato individuato nella chiesetta isolata nella vasta e rigogliosa campagna croata.
Col proseguimento dei pellegrinaggi dei cavalieri non solo della sezione triestina ma anche con la partecipazione di iscritti a sedi più lontane si è instaurato un rapporto più stretto con le autorità locali fino a sfociare nell’impegno di ridare dignità estetica alla piccola disastrata chiesa nel tentativo inespresso ma coralmente sentito di trasformarla in una sorta di monumento a ricordo dei “Cavalleggeri di Alessandria”.
Anche quest’anno, il 17 di ottobre, giorno imperituro nella memoria dei cavalleggeri dalle fiamme arancio-nere, il pellegrinaggio si è compiuto con la partecipazione di una quarantina di aderenti con provenienze dal Veneto, dall’Emilia- Romagna, dalla Lombardia e dalla Campania, oltre che dalla sede triestina.
La Cavalleria di oggi era rappresentata da un giovane ufficiale di “Piemonte”, il tenente Inì. Un viaggio impegnativo per un semplice ma commosso rito. La messa al campo è stata officiata da tre sacerdoti. Subito dopo con la deposizione di un omaggio floreale all’intero del tempio disadorno è risuonato l’ “Attenti!” per onorare i giovani cavalleggeri di allora e quelli anziani di oggi, superstiti di Poloj: Arcella, Bergamo e Piemonti.
La frequentazione annuale non solo ha contribuito a mantenere più vivi e solidali rapporti fra le varie sezioni dell’ANAC che aderiscono con significativa partecipazione a questi incontri, ma ha stabilito contatti proficui con le autorità locali disponibili ad accettare e rispettare l’atto di omaggio verso i cavalleggeri italiani che a Poloj hanno combattuto e sono caduti.
All’ultimo incontro le autorità croate erano rappresentate da un funzionario del ministero delle Belle Arti e dell’Ambiente giunto da Zagabria, istituzione che partecipa concretamente al ripristino del manufatto, nonché dal rappresentante dal sindaco di Barilovic, il Comune che amministra i vari insediamenti sparsi nella zona compresa fra i corsi dei fiumi Mresnica e Korana.
Si tratta di atti non solo di buona volontà ma anche di riconoscenza dal momento che, in ragione dei pellegrinaggi annuali dei cavalieri, le autorità hanno provveduto a vari miglioramenti della zona con l’estensione dell’elettrificazione e della telefonia, nonché al miglioramento della viabilità.
Ma forse il dato più significativo della costante presenza italiana in Poloj è offerto dai nuovi promettenti rapporti che indirettamente sono stati propiziati dai cavalieri nell’incontro e nella collaborazione fra le autorità religiose serbo ortodosse e quelle croate cattoliche, proprio nel richiamo di quella chiesetta isolata e disastrata che per i cavalieri è ormai diventata simbolo del sacrificio di un nostro glorioso reggimento a cavallo.