ANAC - Sezione di Trieste
Associazione Nazionale Arma di Cavalleria
Sezione "MM.OO. Guido Brunner - Ferruccio Dardi - Silvano Abba"
"Piemonte Cavalleria (2°)"

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Il Reggimento Piemonte Cavalleria (2°) e la città di Trieste


          Lo scorso maggio si è tenuta, presso la sala di una banca di Villa Opicina, un’interessantissima conferenza del Cap. Art. Fulvio Fumis, del direttivo A.N.A.C. di Trieste. La conferenza, organizzata su impulso del Comandante del Piemonte Cavalleria (2°) ha avuto come spettatori Ufficiali e volontari dello stesso Reggimento che hanno potuto ascoltare i fatti occorsi nel dipanarsi dei 320 anni di storia di quest’ultimo, magistralmente raccontati da Fumis, esperto storico e abile narratore che ha saputo interessare gli ascoltatori mischiando dati storici ad anneddoti e curiosità.
          La Rivista di Cavalleria ha dato già spazio al Piemonte Cavalleria (2°) in relazione alla sua vicenda e cammino lungo i secoli: lo scopo del presente articolo, al contrario, è mettere l’accento sul Reggimento come unità inserita nella realtà triestina, contesto che combacia, in senso temporale, solo parzialmente con la sua vicenda globale essendo lo stesso arrivato in città il 30 settembre 1956, già ricco di 264 anni di storia. Reparto dell’Esercito Italiano che può vantare la più lunga permanenza in terra giuliana e cittadino onorario di Trieste dal 2004, anno nel quale ricorreva il cinquantenario della seconda redenzione della città, non può che essere alla stessa legato da qualcosa di più di un semplice vincolo di sede territoriale.
          L’intento è, quindi, di parlare (in termini contenuti da necessarie limitazioni di spazio) del rapporto tra la caserma e la città, tra elemento militare e quello civile.

L’incontro con il Colonnello Comandante

          A tal fine, abbiamo incontrato il Colonnello Luca Andreani, carrista, 93° Comandante del Reggimento, titolato ISSMI, con estesa formazione in ambito NATO e con al suo attivo vasta esperienza internazionale nei teatri operativi della Somalia (Ibis), dell’Albania (Alba), del Kosovo (Joint Guardian) e dell’Afghanistan (Isaf).
Il Colonnello Luca Andreani
          Instancabile sostenitore e attivo promotore della attività A.N.A.C. (durante la commemorazione alle Foibe di Basovizza dello scorso febbraio mi ha colpito moltissimo la profondità del legame esistente, in special modo, con il nostro Presidente)  ci ha accolto nel suo ufficio al piano terra dell’edificio che ospita il comando.
          La posizione sopraelevata di Villa Opicina la rende leggermente più fresca di Trieste e l’ambiente verde, alberato, a “misura di cavallo”, dell’interno della caserma dove una volta all’anno si svolge anche un concorso ippico aperto a civili e militari, non impedisce alla calura di farsi sentire. Ciò nonostante, il condizionatore dell’ufficio del Comandante è inattivo perché la sua politica di “porta sempre aperta” renderebbe superfluo il suo utilizzo.
          Quest’Ufficiale, serissimo e professionale ma anche disponibile e alla mano, è arrivato al Comando del Reggimento di stanza a Trieste, sua sedicesima sede, ad ottobre del 2010. Mi dice che non conosceva la città, anzi, il suo spirito, come precisa, se non di passaggio avendo trascorso i precedenti periodi di servizio effettuati in Friuli Venezia Giulia tra San Vito al Tagliamento e Aviano.
          “L’idea che mi ero fatto della città era, in ogni caso, influenzata positivamente dalle parole di mio padre, entrato a Trieste nel 1956: l’immagine di una città e di una popolazione impazzite per l’italianità”.
Il padre del Colonnello Andreani, infatti, anch’egli Ufficiale ma dell’artiglieria, ha vissuto in prima persona il clima festante ed ebbro di patriottismo dell’epoca, clima che è rimasto impresso nella sua memoria tanto da trasmettere al figlio non solo l’immagine dello stesso ma anche e soprattutto la sensazione emozionale sottostante, quel già detto spirito.
          Quest’“Questa impressione positiva a priori mi era stata confermata anche da colleghi che avevano già servito in loco e mi aspettavo, quindi, una accoglienza buona da parte di cittadini e autorità”.
          Il primo impatto visivo con l’italianità della città, prospettata a parole dal padre, il Colonnello l’ha sperimentato di persona poco dopo l’arrivo: “Ricordo l’impressione fortissima che mi ha fatto vedere Piazza dell’Unità d’Italia, cuore della città, stracolma non solo di noi militari ma soprattuto di gente comune, di triestini, per le celebrazioni del novembre 2010”.
          Il giro introduttivo post-assunzione del Comando ha avuto anche un risvolto singolare grazie all’incontro con i rappresentanti religiosi cittadini: “Durante la mia visita al Vescovo, Mons. Giampaolo Crepaldi, espressi il desiderio di averlo nostro ospite al Reggimento per le celebrazioni di San Giorgio. L’invito fu accolto con estrema disponibilità, tanto che nell’aprile 2011 abbiamo avuto l’onore di assistere alla messa officiata dal Vescovo in persona nella cappella della caserma.”
Il Colonnello Luca Andreani con Mons. Giampaolo Crepaldi
          Interessante è l’attitudine delle autorità politiche locali che, secondo l’Ufficiale, è stata di disponibilità bipartisan. Al sostegno dell’ex sindaco, Roberto Dipiazza, che non ha mai fatto mancare il suo supporto al Reggimento, si è aggiunto l’interesse del nuovo, Roberto Cosolini, inizialmente preoccupato della situazione attuale dell’esercito in città: “La prima cosa che mi chiese il Sindaco Cosolini fu se il Reggimento fosse in via di scioglimento. Al mio far presente che l’eventuale dissoluzione non solo non era prevista ma che l’entità numerica degli uomini e donne toccava le 500 unità, il suo interesse crebbe vistosamente. Uno stanziamento di 500 persone, molti con famiglia residente in loco rappresenta sicuramente un attore sociale significativo con ricadute sul tessuto locale che il mondo della politica non può e non vuole ignorare” dice il Comandante  “Piuttosto, il moto di sorpresa del Sindaco mi ha fatto riflettere su una possibile poca visibilità dell’esercito e sulla necessità di moltiplicare gli sforzi per interagire con la comunità civile”.
          L’entità delle forze gravitanti intorno alla città o ivi stanziate ha subito, in effetti, drastico ridimensionamento negli ultimi anni e non è errato temere gli echi di una certa invisibilità che rischia di diventare endemica in caso di inattività. Facile ricadere in dinamiche dove i militari che svolgono le loro attività in caserma, inizino e finiscano lì dentro il loro ruolo così come percepito dall’esterno e manchi del tutto influenza o interazione con la comunità locale.
          Gli sforzi del Reggimento per colmare la distanza tra le attività effettive e la loro immagine esteriore, si sono tradotti in una maggiore apertura, non solo mentale, ma anche fisica, con una politica di porte aperte alle visite esterne.
          Personalmente, ricordo con piacere la famiglia pugliese incontrata all’uscita della caserma circa un anno fa e il racconto entusiasta del capofamiglia che mi disse di aver appena rivisto e fatto vedere a moglie e figli il luogo ove aveva trascorso il suo servizio militare, decenni prima. Aveva chiesto all’ingresso se fosse stato possibile entrare e, con sua grande sorpresa, era stato non solo accontentato ma aveva avuto la possibilità di rivedere un suo vecchio ufficiale, ora tenente colonnello, che lo aveva amichevolmente scortato durante quella visita fatta non solo al Reggimento ma anche ai suoi ricordi di gioventù.
          Le caserme sono spesso, per i cittadini, specie quelli che non hanno mai avuto contatti con il mondo militare, rappresentate da un muro alto, senza soluzioni di continuità tranne un portone mastodontico, che pare fatto più per tener fuori che per invitare all’interno.
          L’apertura del Piemonte Cavalleria, invece, passa anche dal rapporto con i più piccoli: “Mia moglie insegna alle scuole medie di Opicina e Prosecco (ndr. due frazioni di Trieste)” continua il Colonnello “ed è sorprendente la mole di richieste pervenute dai ragazzini e dalle loro famiglie per poter visitare il Reggimento. Le richieste sono state volentieri accettate e più volte abbiamo accolto le scolaresche presso di noi per visite guidate”.
          La convenzione A.N.A.C., poi, che permette ai civili soci dell’associazione di montare presso il Reggimento e di usufruire di lezioni di equitazione con istruttori militari, il tutto ad un prezzo agevolato (e, posso dire per esperienza personale, con una gestione che permette di instaurare un rapporto vero e proprio con il cavallo, al contrario di un approccio “usa e getta” mirato alla fase del montare pura e semplice) è un elemento basilare che fa apprezzare il ruolo del nobile animale nel contesto militare anche ai comuni cittadini.
          “ Sono tutte attività ” ribadisce il Comandante Andreani, “ che permettono di manifestare, in maniera incontrovertibile, che la caserma è viva ”.
          Sono queste aperture, in effetti, a far capire che essa è un organo pulsante, capace di stringere rapporti e relazioni con la società esterna, società che non è da essa separata ma che la contiene e può scambiare con essa risorse e ricavarne insegnamenti e arricchimento emotivo.
          L’interesse che la città ha verso l’esercito e le sue attività si vede anche dalla risposta agli eventi organizzati in nome di quest’ultimo, come la mostra fotografica sul Reggimento allestita nel settembre 2011 in una sala comunale, concessa a titolo gratuito, dove il Colonnello precisa che “l’affluenza di visitatori ha superato le più rosee aspettative. Dopo soli due giorni dall’inaugurazione della mostra avevano firmato il registo visitatori ben 1800 persone”. Come se non bastasse, è abbastanza facile ipotizzare che il numero effettivo di visitatori, addizionato di coloro che non hanno firmato, fosse di gran lunga superiore.
          La sinergia con il mondo civile, oltre ad essere supportata dalle associazioni legate al mondo militare che sono, specialmente a Trieste, fortemente propositive, si vede anche dalla collaborazione con aziende locali, ad esempio in relazione alla messa a disposizione da parte di queste dei premi per il concorso ippico e dalla loro disponibilità (si parla, in questo caso, di esercizi commerciali e piccole imprese in genere) per attività di tipo promozionale. “In occasione delle celebrazioni dei 150 anni dalla nascita di Italo Svevo” ci dice il Comandante “non sono mancate richieste da parte di negozianti di potere esporre nelle proprie vetrine oggetti di valenza storica relativi al Reggimento” Il coinvolgimento della caserma negli eventi collegati alle suddette celebrazioni sveviane include la partecipazione attiva di due militari del Reggimento che, in divisa d’epoca, hanno “scortato” uno degli attori preposti alla lettura di brani dell’autore in diverse locations.

Il rapporto con la città visto con gli occhi di una volontaria

“…
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa
…”

(Trieste, Umberto Saba)

          Tra i 500 uomini e donne del Reggimento, per la maggior parte provenienti dal Centro Sud, dalla Campania e dalla Puglia (anche se non manca una rappresentanza di triestini, sia tra gli Ufficiali che tra i volontari) abbiamo avuto la possibilità di raccogliere le impressioni del primo caporal maggiore Tiziana Falco, originaria di Napoli che tra poco festeggerà i 7 anni di permanenza a Trieste. Giunta al Reggimento il 31 ottobre 2005 assieme ad altre tre ragazze, sarà l’unica delle quattro a rimanervi.  Dal 2011 addetta alle Operazioni e Pubblica Informazione del Reggimento, con al suo attivo ben 2 missioni internazionali (Leonte 5 e Leonte 9 in Libano), questa giovane con gli occhi chiari e limpidi, a suo agio in mimetica e stivali nonostante il caldo soffocante, al contrario del suo Comandante non aveva, in origine, un’idea positiva della città.
Il primo caporal maggiore Tiziana Falco
          “Quando mi dissero che sarei stata assegnata al Piemonte Cavalleria pensai subito all’omonima Regione del Nord Italia. Solo successivamente e, non lo nego, con disappunto, capii che la mia destinazione era molto più ad est, alla fine dell’Italia, per così dire. La non conoscenza della zona ha alimentato, ancor di più, le mie perplessità”.
          Non è difficile immaginare lo stato d’animo di una ragazza di vent’anni che si appresta a traferirsi in una città da pochi realmente conosciuta, specie al sud Italia, e della quale esistono tanti miti negativi (bora, freddo, grigiore) che quasi mai ci si è dati la pena di smentire, troppo concentrati e ripiegati come sono i triestini su se stessi per promuovere la propria immagine altrove.
          “C’è stato un periodo di adattamento inevitabile. Mi sono dovuta adeguare alle piccole differenze tra la città e il mio luogo d’origine, come gli orari dei negozi, ad esempio. Inoltre, la collocazione della caserma a Villa Opicina dove la cultura include elementi di bilinguismo (Italiano e Sloveno, ndr) ha avuto senz’altro un certo impatto su di me”
          Tiziana Falco è una dei volontari che hanno scelto di abitare fuori dalla caserma, in un condominio non molto distante dal centro città, e sul rapporto con la gente dimostra un approccio ponderato e riflessivo quando dichiara “Si parla di freddezza locale: io ho notato come questo essere freddi, ovvero più riservati con gli estranei, si trasformi poi in disponibilità quando, ad esempio, si necessiti di un’informazione”
          Usa l’interessante definizione “gente fredda perché onesta”, significando con il termine “onestà”che la cortesia forse non è immediata ma, quando viene dimostrata, è genuina.
          Ancor più importante è la presunzione dell’opinione pubblica locale della figura del militare come rispondente ad una determinata etica, presunzione che si riflette, come sperimentato in prima persona dal primo caporal maggiore e parimenti dal suo Comandante, in agevolazioni al momento di cercare casa o di acquistare un’auto. Il militare, a Trieste, è ancora figura degna di fiducia che fornisce, proprio per il suo status, garanzie aggiuntive per antonomasia.
          Quello che la volontaria non percepisce è quel grado di invisibilità di cui prima si diceva. Al contrario “La presenza di noi militari nel contesto di Villa Opicina è una presenza tangibile che la popolazione nota e tiene in conto. Quando uno squadrone va in addestramento, ad esempio, sembra impossibile a pensarlo ma la gente, effettivamente, se ne accorge”
          Questa popolazione che sa se una porzione dei suoi militari non c’è, anche per un breve periodo, dimostra l’impatto della caserma sulle dinamiche locali, anche in senso meramente economico.
          “Nel 2011 al rientro con altri colleghi dall’operazione “Strade Sicure” a  Milano in supporto alle forze dell’ordine per il controllo del territorio” continua Falco, “i commenti di bentornato ricevuti hanno sancito come la nostra assenza sia stata notata a livello di tessuto sociale locale”
          L’apprezzamento e l’integrazione a pieno titolo con la società si vedono dalla valutazione della città che il primo caporal maggiore definisce fra le righe come una città a misura di bambino e di adulto, “a vent’anni ho sentito la mancanza di determinati servizi mirati e destinati al mio gruppo d’età, come le discoteche, ad esempio (rarissime a Trieste,ndr) ma ora che di anni ne ho 27 apprezzo altre qualità e funzionalità in termini di sicurezza e di macchina burocratica efficiente. Si possono portare i bambini al parco senza rischi e uscire la sera senza timore di pericoli. Mi piace anche la collocazione geografica, tra il mare e le montagne”.
          Il calore e l’interesse dei triestini verso l’Esercito e il Reggimento in particolare, Tiziana li ha avvertiti anche di recente quando, in concomitanza con il concorso ippico tenutosi a marzo presso la caserma, è stato allestito un gazebo sul molo Audace di fronte a Piazza dell’Unità d’Italia, con uniformi storiche e un cartellone con dettagli su Francesco Baracca e il suo legame con il Piemonte Cavalleria (2°). “Sono rimasta sorpresa dall’affetto dimostrato soprattutto dagli anziani, molto informati sulla storia del Reggimento e sulla vicenda del Baracca”.
          “Il gazebo era collegato, virtualmente attraverso il simbolo del cavallino bianco (rampante a sinistra) del Piemonte Cavalleria,  anche ad una mostra di Ferrari (che utilizza, come è noto, proprio il cavallino) “Uno dei visitatori era talmente ferrato in materia che mi raccontò un fatto poco noto: il cavallino rampante è stato utilizzato in passato anche dalla Ducati (dal 1956 al 1957 e, successivamente, dal 1960 al 61, ndr)”.
          “Quasi a conferma dal vivo di quanto il Comandante Andreani ci ha detto ovvero “Chi giunge al Reggimento non vuole più essere trasferito altrove” il primo caporal maggiore, nel chiudere la nostra chiaccherata, non ha dubbi in merito “Io da qui non voglio andarmene. Spero di rimanere”
          “Vero è anche, però, come il Colonnello dichiara, che volontari triestini che chiedano di servire in loco hanno facilmente la possibilità di farlo solo perché, data la scarsa conoscenza dell’ambiente locale, chi non ci è già stato ha poco interesse a venirci.
          “Sarebbe il caso quindi che la città facesse uno sforzo per rendersi sede attrattiva per i futuri militari ivi destinati: non si tratta di uno sforzo di cambiamento endemico, l’apprezzamento di ufficiali e volontari passati di qui lo dimostra, ma si tratta più,  sebbene il termine non mi piaccia di per sé,  di un discorso propagandistico, propositivo delle sue qualità e bellezze.
          “Se nelle parole del Colonnello Andreani “L’Italia non merita Trieste”, da triestina che ha lasciato questa città per poi tornarvi, quello che posso auspicare è che Trieste continui a meritarsi l’esercito, senza se e senza ma.
          “E se il Colonnello ancora, mirabilmente, dichiara “Noi militari abbiamo un debito nei confronti di Trieste che ci ha voluti come nessun altro”, io mi sento di dire che anche Trieste, spinta ai margini dell’Italia non dalla geografia ma dalla geopolitica, ha un debito verso i militari italiani e spera fortemente (l’affetto dei cittadini lo dimostra) di non poterlo saldare mai, questo debito, assicurandosi la loro presenza stabile e continuata nei secoli a venire.
          “E non stupisce il rendersi conto, come nota finale di questo articolo, che il motto del Reggimento Piemonte Cavalleria (2°) sia forse quello che meglio si adatta alla città che lo ospita, ricca di una bellezza forse scontrosa, come poeticamente cantato da Saba, ma audace e coraggiosa nella sua sempre ribadita italianità: Venustus et Audax.

(Articolo di Elisabetta Benedetti pubblicato sul n°4/2012 della Rivista di Cavalleria)